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Lavoro in una società con 20 anni di storia, sicuramente un bel segno di solidità, competenza ed esperienza. Ma, per il nostro settore, la caratteristica che ci rende utili per i nostri clienti è la capacità di guardare al futuro, di riconoscere e gestire il cambiamento per coglierne le opportunità e minimizzare i rischi che ogni trasformazione comporta.

Il cambiamento, a volte, arriva per la comparsa di una tecnologia o di un fenomeno improvviso, è un cambiamento evidente che ti costringe ad un adattamento rapido e non lascia dubbi sul da farsi; a volte il fenomeno è più lento ed è più facile sottovalutarlo o trovarsi improvvisamente in ritardo senza aver riconosciuto per tempo gli impatti sulla nostra organizzazione.

Questo è il caso della Digital Transformation, che ultimamente è un argomento molto sentito ed è balzato tra le prime 5 priorità dei CIO mondiali quando solo qualche anno fa era tema per ristretti circoli di analisti. Ma la trasformazione digitale ha una genesi molto più lontana e procede lentamente con caratteristiche di inesorabilità.

Dal nostro punto di osservazione e per la nostra natura di innovatori su questo tema, stiamo ragionando da tempo: l’orientamento alla digitalizzazione ha caratterizzato molte decisioni fino a far maturare alcune scelte strategiche dal profondo impatto anche sulla nostra organizzazione. Il dibattito interno è vivace sul nostro ruolo nella trasformazione digitale, sugli approcci, su quanto i nostri metodi siano compatibili con questa rivoluzione, su come trasformarci per essere attori protagonisti ed essere guida per i nostri clienti nel percorso di cambiamento.

Cambiamento che oggi è sostenuto anche dalle leggi dello Stato che, nonostante qualche rallentamento o inciampo, stanno imprimendo una discreta velocità al processo di trasformazione. Tra le parole della Pubblica Amministrazione è infatti sempre presente “Digitale”:  Sanità Digitale, Scuola Digitale, Amministrazione Digitale, Agenda Digitale… leggi e norme e in generale stanno imprimendo una direzione chiara, la direzione della digitalizzazione.

Quindi cosa significa digitalizzazione?

Come spesso mi capita per riprendere il filo quando un termine è molto utilizzato, se non abusato, ricomincio dal significato primo. Ma, in questo caso, per “digitalizzazione” non è sufficiente il dizionario, per cui cerco di darne una definizione più mirata:

Digitalizzazione è l’uso delle tecnologie digitali orientate alle persone per cambiare un modello di business e fornire nuove opportunità di guadagno; è il processo di spostamento del tradizionale modo di gestire il lavoro ad a un sistema fondato sugli strumenti digitali che aumentano la velocità delle transazioni (a volte azzerandone i tempi grazie ad automatismi), garantiscono l’accessibilità alle informazioni e ai servizi senza limiti di tempo e di luogo e affrancano dal bisogno di luoghi fisici o attività live.

La digitalizzazione quindi non è solo adottare della tecnologia ma è un modo nuovo di porsi agli agenti economici (siano clienti, utenti, cittadini, fornitori o il proprio personale) che diventano il centro verso cui orientare l’attenzione nel progettare la trasformazione. È un modo nuovo di vendere e di erogare i propri servizi se non di ripensarli radicalmente o inventarne di nuovi, è un modo nuovo di lavorare fatto di processi automatici e informatizzati, arrivando anche ad includere nei processi le “cose” divenute ora intelligenti (il famoso Internet of Things) con al centro i fruitori, le persone.

Il mondo della digitalizzazione è un mondo fatto di interazioni, di rapidità, di apertura, di superamento del muro dietro al quale le organizzazioni e gli enti fino ad oggi hanno agito, un mondo di scambio immediato, dove l’aspettativa è un feedback istantaneo. Oggi le persone vogliono interagire con noi subito, con qualsiasi strumento in qualsiasi posto si trovino. Tutto il resto è vecchio, è lenta burocrazia, è superato. A pretendere la trasformazione sono le persone, i nostri clienti, utenti, cittadini, guidati dalle loro abitudini e aspettative e dal loro unico modo di agire che è digitalizzato, e noi o siamo pronti a parlare con loro nell’unica lingua conosciuta o, semplicemente, per loro non esistiamo.

In conclusione, “digitalizzazione”, che ingannevolmente sembra voler dire “aggiornare le tecnologie”, significa invece orientarsi alle persone e alla loro richiesta di presenza, disponibilità, immediatezza, accessibilità. Certo è che, per farlo, le tecnologie sono un requisito fondante ma diventano un mezzo e non un fine del nostro processo di ristrutturazione.

Ci vediamo al #forumPA2016 dove le parole chiave degli oltre 150 eventi saranno Cambiamento e Digitalizzazione!

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