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Gli analisti ne parlano da anni: è del 2013 un bell’approfondimento del Politecnico di Milano intitolato “Digitalizzare per competere: una guida per le imprese verso la digitalizzazione” ma è fin dal 2007 che con il loro osservatorio raccolgono dati ed evidenze sui benefici della fattura elettronica.

Il legislatore, da parte sua, spinge il progresso a suon di obblighi e norme abilitanti, tra cui spiccano le normative sul protocollo informatico, sulla fatturazione elettronica e sulla digitalizzazione dei processi documentali (rimandiamo al sito dell’Agenzia per L’Italia Digitale per l’elenco dettagliato di leggi, norme, delibere, regole tecniche).

Anche noi di Intesys Openway, in qualità di operatori specializzati, avevamo già tratteggiato i contorni della trasformazione digitale dei contenuti e dei processi e avevamo indicato alcune caratteristiche per costruire una efficace strategia per poter raccogliere i benefici e limitare i rischi che questa rivoluzione, come tutte le trasformazioni, porta con sé.

Ma nella pratica, che doti devono avere i nostri progetti di gestione dei contenuti per non impedire o rallentare questa trasformazione? O meglio ancora per abilitare le nostre organizzazioni ad innovare i propri processi, ad assecondare la spumeggiante creatività della rivoluzione digitale fatta di interazione, di attenzione verso le persone, di apertura, di piacevolezza d’uso?

La risposta è, come sempre, una somma di più fattori che in questo caso sono da ricercare un po’ nell’approccio e un po’ nella tecnologia.

Per quanto riguarda l’approccio, i progetti di digitalizzazione dei documenti non trasformano documenti, ma processi. Quindi, punto primo, dobbiamo ripensare interamente le nostre procedure e dobbiamo ripensarle alla luce dei nuovi bisogni e delle nuove tecnologie con mentalità aperta e il pensiero sempre rivolto agli utilizzatori che sono oggi al centro della trasformazione.

Il proprietario del processo non è il vecchio responsabile del documento che lo rappresenta. Mi spiego meglio: se pensiamo alla fattura attiva ci viene spontaneo pensare che le persone interessate alla sua trasformazione siano le persone dell’ufficio amministrativo. Invece, nella nuova era digitale, dobbiamo pensare a tutti quelli che, nel flusso della fattura, sono in qualche modo coinvolti, quindi sia l’amministrazione, ma anche il cliente che la riceve, l’agente, il post-vendita…

Dovremmo chiederci, o meglio, chiedere ad ognuno di loro, dove e quando si aspettano di trovare le informazioni contenute in questo documento, in che formato e da che dispositivo o applicazione. Bisogna capire magari se l’informazione è associata a ad altri documento o dati (individuando questi ultimi di conseguenza) e, questione chiave, grazie alle procedure elettroniche dobbiamo automatizzare tutte le attività a poco o nullo valore, per ottenere quei benefici portati dagli scambi digitali (per esempio la digitalizzazione del ciclo dell’ordine/pagamento attraverso EDI e Fattura Elettronica) e dalle transazioni attraverso firme elettroniche (anche remote) che, oltre ad azzerare i costi e i tempi della gestione cartacea, azzerano anche gli spostamenti delle persone coinvolte e il bisogno di infrastrutture dedicate alla relazione fisica.

Teniamo a mente che stiamo sempre parlando di gestire flussi e processi (e spesso si tratta di processi di attraversamento. In quest’ottica, bisogna dire che il mondo della gestione dei contenuti non può essere affrontato con progetti che riguardano singole tipologie documentali, singoli documenti o ristretti pool di persone.

La gestione dei contenuti deve essere quanto più possibile trasversale e inclusiva. I progetti devono avere un’unica regia con una visione completa, un gruppo di lavoro multidisciplinare per affrontare la trasformazione tenendo conto dei bisogni e delle aspettative di tutti con al suo interno un forte coinvolgimento delle figure apicali capaci di determinare cambiamenti profondi.

E poi veniamo alla tecnologia. I contenuti e i relativi processi (Document Management e Business Process Management come ambiti indivisibili) vanno gestiti con una architettura capace di centralizzare ogni tipo di informazione e di regalare trasparenza e accessibilità alle persone, interne o esterne all’organizzazione, e a tutti gli altri sistemi che producono o veicolano contenuti (gestionali, dipartimentali, portali B2B, e-commerce, intranet, APP mobile, servizi in outsourcing…), senza creare compartimenti e silos chiusi.

E allora come si fa a non pensare subito a piattaforme Open Source come Alfresco, che fanno dell’apertura, dell’interoperabilità, della trasversalità i loro punti cardinali e che integrano nativamente il BPM con Activiti?

Il mercato della tecnologia, in cui l’open source fa la parte del leone, ci fornisce strumenti progettati e pensati per raccogliere la sfida multicolore di questa trasformazione, non più legata a singole funzioni, ma all’intero sistema azienda.

Intesys Openway ha messo a punto sia elementi di tipo tecnologico/applicativo fondati sullo standard di Alfresco, sia elementi metodologici. La trasformazione digitale è una questione di approccio, la tecnologia non manca e le persone sono naturalmente predisposte ed abituate ad utilizzarla.

Anzi, le persone, si aspettano di utilizzarla, lo pretendono. Basta vedere a titolo di esempio, nell’immagine più sotto, la reazione di un utente di una utility di fronte alla burocrazia, commento che ci insegna che la trasformazione dei processi digitali interessa tutti, gli amministrativi, l’ufficio legale, l’ufficio clienti, il marketing, i clienti.

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Oggi, nel mercato, sei apprezzato solo se sei digital.

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